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Supernatural

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Giorno 577.

L’Argentina ti sorprende sempre. E non solo per i prezzi che lievitano a vista d’occhio per via della scellerata politica monetaria del governo di Cristina Kirchner. E nemmeno per la somiglianza della Presidenta con l’uomo che ha dominato la scena politica italiana negli ultimi vent’anni: populismo e faccia di plastica vi ricordano qualcuno? Le sorprese a cui mi riferisco sono quelle di un paesaggio che varia moltissimo da nord a sud, da est ad ovest, e che non manca mai di affascinare per la sua grandiosa bellezza.

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La capitale del Nordovest e’ Salta, detta “la linda”, la bella. Sarà anche meglio di molte altre città argentine, ma non e’ niente di eccezionale soprattutto se si giudica con standard europei, dove quasi ogni centro storico e’ un capolavoro d’arte urbana rispetto a quasi tutte le città del Sudamerica che abbiamo visitato sinora. Però c’è un bel museo archeologico, in cui si possono osservare le uniche tre mummie al mondo non secche, nel senso che conservano ancora al loro interno i liquidi corporei. Ritrovate sulle Ande, congelate a più di seimila metri d’altezza, vengono conservate dentro teche di vetro, con una particolare tecnica di refrigerazione che ne consente il mantenimento della struttura molecolare. Si tratta di un bambino, una bambina ed una ragazzina, vittime cinquecento anni fa di un sacrificio umano incaico. Questi figli di notabili inca venivano prescelti a Cusco attraverso cerimonie rituali, trasportati per centinaia di chilometri, ubriacati e drogati fino a morire di ipotermia sulla cima di qualche vetta andina considerata sacra, per ingraziarsi le divinità o placare una sciagura. Sembrerà strano, ma per le famiglie degli sventurati era un grande onore. O almeno questo e’ quello che ci viene raccontato, anche se mentre guardiamo uno dei piccoli rannicchiato in posizione fetale, cercando di immaginare quello che deve aver provato mentre si addormentava per l’ultima volta, lontano da casa, avvolto nei suoi abiti cerimoniali con i capelli intrecciati a festa, conserviamo i nostri dubbi.

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Ma il meglio e’ fuori città. Verso sud la Quebrada di Cafayate e’ un torreggiare di rocce rosse che emergono come castelli nel deserto, intervallate da pareti di pietra colorata e stratificata. Sulla mappa sono quasi cinquanta chilometri punteggiati da siti di interesse dai nomi evocativi che costringono i turisti ad accostare per scattare qualche foto. La Garganta del Diablo, l’Anfiteatro, la Yesera, el Sapo, el Castillo. Come al solito evitiamo i tour e compriamo un biglietto di sola andata su un autobus locale. Ci affidiamo alla buona sorte per incontrare qualche volenteroso che si faccia carico di scorrazzare due italiani autostoppisti tra tutte queste meraviglie. La strategia vincente e’ vecchia come il mondo, io che mi nascondo dietro un cespuglio e mando avanti mia moglie. Ci raccoglie una coppia di Buenos Aires, tutti gli argentini sono di Buenos Aires. Sono gentili ma troppo frettolosi, i classici maniaci di uno scatto e via, così decidiamo di percorrere la strada al ritroso, sempre con autostop, per goderci meglio il paesaggio e fare qualche sosta in più.

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A Cachi, paesino sperduto tra montagne di cactus, Antonio Zuleta va a caccia di UFO. Lo incontro nella piazzetta davanti alla chiesa, e mi intrattiene per un’ora buona con le sue teorie, nemmeno troppo bizzarre, sugli avvistamenti di oggetti volanti non identificati nella zona. Mi dice che l’ora migliore e’ verso le otto e mezza di sera, vicino alla pista di atterraggio…che gli extraterrestri si stiano preparando ad un’invasione? La sera sbirciamo su internet, e scopriamo che in Argentina un famoso giornalista ha persino dedicato un servizio in TV all’argomento…e nel video si vedono chiaramente, nel cielo stellato, sorgenti luminose che si muovono in modo perlomeno “strano”, tanto da lasciare basito il giornalista stesso…d’ora in poi aspetteremo fiduciosi una comunicazione aliena, non si sa mai…

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A nord invece, verso il confine con la Bolivia, e’ la volta di piccole comunità Quechua disseminate tra canyon in multicolor, cactus come candelabri e cimiteri in collina ornati di fiori di plastica. Nel paesaggio secco e quasi desertico, il ghiaccio della Patagonia sembra ormai appartenere ad un’altra dimensione. Per quanto turistiche, Purmamarca, Tilcara e Humahuaca costituiscono una vera lezione di geologia, con le rocce che si piegano spinte dalle forze tettoniche, rivelando strati di colori iridescenti, dal rosso al giallo, dal verde al rosa, al bianco. La zona più spettacolare e’ quella chiamata Serrania del Hornocal, a pochi chilometri dal paese di Humahuaca. E’ anche incredibilmente la meno visitata, snobbata dalle guide di viaggio e di conseguenza dai turisti. Ci godiamo la meraviglia in perfetta solitudine, circondati da vigogne selvatiche e stremati dalla mancanza d’ossigeno a 4500 metri. E ringraziamo il nostro amico Ferran che ce l’ha fatta conoscere.

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A Iruya ci regaliamo un trekking di un paio di giorni fino ad una comunità indigena locale. Il villaggio di San Isidro sembra un paese fantasma ed completamente isolato dal mondo. Si raggiunge risalendo un sentiero che a tratti scompare inghiottito dal letto di un fiume neanche tanto secco, visto che ci tocca guadare diverse volte il torrente ghiacciato con l’acqua fino alle cosce. I muli sono il mezzo di trasporto per eccellenza. Più preziosi di una Ferrari per gente che vive tra le montagne senza strade. Con Elodie e Gaston passiamo due giorni alla scoperta di un mondo diverso, popolato da vecchi che quasi non parlano spagnolo e da cui i giovani fuggono in cerca di distrazioni. Un’esperienza interessante, a parte lo scorpione che esce dal bagno nel cuore della notte e che per poco non mette in fuga anche noi…

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