Giorno 404.
L’aria già sottile di Leh, 3500 metri, diventa quasi Irrespirabile sul Khardung La, 5603 metri sul livello del mare, pubblicizzato come il passo carrozzabile più alto del pianeta. Siamo saliti fino qui con una Jeep collettiva, schiacciati sul sedile posteriore, dove un corpulento Ladakhi mi deborda addosso ad ogni curva. In cima, giusto il tempo per un salto al gabinetto delle nevi ed una foto ricordo, caracollanti per la mancanza d’aria, ad immortalare il momento. Siamo più in alto del campo base dell’Evarest, quasi mille metri in più della vetta del Monte Bianco. Praticamente, sulla luna.
La discesa verso la Nubra Valley, una parallela della valle dell’Indo, e’ ugualmente mozzafiato, tra neve, canyon e fiumi azzurri come una bottiglia di gin Bombay Sapphire. Gli accampamenti militari spiccano nella pianura in fantasie davvero poco mimetiche. Il confine con il Pakistan e la Cina, i super nemici dell’India, e’ molto vicino e qui sono pronti a tutto, non si sa mai che a qualcuno venga voglia di mandare i propri soldati a morire per un ghiacciaio o una valle pietrosa.
Diskit ci accoglie con una delegazione di donne in abiti tradizionali….ci illudiamo che stiano aspettando proprio noi, gli importanti ospiti stranieri…ma poi scopriamo che devono scortare un illustrissimo Lama (non di quelli che sputano…) ad un monastero dei dintorni. Così ci sistemiamo da Tashi, una simpatica signora che parla poco inglese, ma sforna piatti tradizionali con eccezionale competenza. Il paese e’ dominato dal solito monastero appollaiato in posizione impossibile su di uno sperone roccioso. Una gigantesca statua di Maitreya, il Buddha del futuro, veglia rassicurante sui mantra dei pochi monaci rimasti per l’inverno, che a poco a poco sta arrivando, come ci ricordano tutti, e come dicono sempre anche gli Stark. E sara’ anche vero, ma per adesso di giorno si gira ancora in mezze maniche, il sole a queste altezze picchia duro ed e’ un piacere dopo le fredde notti Ladakhi.
Camminiamo una decina di chilometri fino a Hunder, il villaggio successivo, per vedere un monastero che si rivelerà solo un ammasso di pietre divorate dalla montagna, e soprattutto il deserto freddo, una distesa di dune di sabbia grigia percorsa da…cammelli! La Nubra Valley era sul percorso di una diramazione della via della seta, e questi animali sono i discendenti dei cammelli della Bactriana, due gobbe e chioma fluente, usati dai commercianti dell’Asia centrale durante le spedizioni in India. Brucano arbusti spinosi tutto il giorno, sbadigliando e masticando a bocca aperta. Pagano la propria libertà con qualche ora di corvée al servizio della cammellata di qualche famiglia indiana in gita di giornata.
Le sere senza luce le passiamo nella cucina di Tashi. Con la traduzione di Jigmet, una ragazza di Leh che lavora nell’unica banca del paese e parla un ottimo inglese. La signora e’ molto curiosa del nostro viaggio in Tibet, dei cui abitanti i Ladakhi condividono origini, religione ed in parte la lingua. Si rattrista quando le raccontiamo del trattamento riservato dai cinesi ai tibetani, e si rabbuia al pensiero di una poco probabile invasione cinese del Ladakh. La conforto parlando di quanto sia poco verosimile che la Cina voglia rischiare una guerra atomica con l’india, ma forse per le discussioni di geopolitica siamo fuori posto…così cerco di rassicurarla con considerazioni sul valore del glorioso esercito indiano che veglia giorno e notte su di lei…mi guarda perplessa…forse e’ davvero il momento di andare a dormire…