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Brasile e Paraguay – Informazioni pratiche

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SAN PAOLO
DA FARE:
La chiamano la New York brasiliana, ma noi la evitiamo. Forse troppo spaventati dalla sua fama di città pericolosa, preferiamo tirar dritto verso Rio de Janeiro.
DORMIRE:
Dom Hostel – 25 Rl per persona in dormitorio con bagno e colazione inclusa – un bel posto in un quartiere tranquillo, a pochi passi dalla fermata della metro di Parada Inglesa. Pulito, luminosa sala comune con divani e ampia cucina a disposizione.

RIO DE JANEIRO
DA FARE:
La città e’ una fonte inesauribile di stimoli ed attrazioni. Le viste panoramiche dal Cristo Redentore e dal Pao de Azucar sono esattamente come le immaginavo. Le spiagge di Copacabana e Ipanema, il quartiere vecchio di Santa Teresa, la Samba ballata per strada nelle notti di Lapa. Niente delude di questa città.
DORMIRE:
Beach Backpackers Hostel – 25/30 Rl per persona in dormitorio con bagno e colazione inclusa – l’ostello e’ ben tenuto e confortevole, le colazioni a buffet abbondanti, il problema e’ il regolamento un po’ troppo rigido. Il fatto che non si possa portare all’interno qualsiasi genere di bevanda, acqua compresa, se non acquistata al bar dell’ostello, e’ veramente troppo.

ILHA GRANDE
DA FARE:
Sull’isola non c’è molto da fare, a parte camminare a lungo per girovagare fra le varie spiagge. Decisamente migliori quelle sul lato disabitato dell’isola, che guardano sull’oceano aperto e non sulla baia, dove l’acqua non è sempre cristallina. Il giro in barca davvero non vale il prezzo del biglietto.
DORMIRE:
Overnativa Hostel – 28 Rl per persona in dormitorio con bagno e colazione inclusa – sicuramente la sistemazione più economica dell’isola, però il prezzo si paga con piccoli inconvenienti tipo ventilatori che non funzionano, acqua che cola dai muri quando piove, frigorifero rotto. Il posto e’ grazioso, c’è un grande spazio comune e a giorni alterni la proprietaria organizza abbondanti cene a buffet a prezzi davvero convenienti.

PARATY
DA FARE:
Graziosa cittadina coloniale dove si incrociano una manciata di vicoli ciottolati e casette bianche dalle persiane colorate. Ideale per una breve tappa. La spiagge nei dintorni non sono male, alcune si possono raggiungere coi mezzi pubblici, Trinidad la migliore tra queste, altre richiedono un mezzo di trasporto privato, o almeno una bicicletta.
DORMIRE:
Bossa Nova Hostel – 25 Rl per persona in dormitorio con bagno e colazione inclusa – un posticino tranquillo appena fuori dal centro. Spazioso cortile interno, tv con mega schermo nella sala comune, camere nuove, zanzariere, cucina ben equipaggiata. Alan, il proprietario, ha creato un’atmosfera rilassata grazie alla quale è facile sentirsi come a casa. E’ anche disponibile ad organizzare escursioni alle spiagge più remote con il suo fuoristrada.

FOZ DE IGUAZU
DA FARE:
Le cataratte meritano almeno due giorni di visita. Il lato brasiliano e’ più fotogenico perché consente una panoramica completa delle cascate sul fiume, quello argentino con le sue passerelle mozzafiato ti ci porta proprio dentro.
DORMIRE:
Klein Hostel – 25 Rl per persona in dormitorio con bagno e colazione inclusa – lontano dal centro, ma a due passi dalla stazione degli autobus. Il posto e’ molto bello e ben organizzato. Dispone di un cortile con piscina e sdraio. Tutte le sere si organizzano cene a buffet a prezzi economici.

NOTE:
Cambio dicembre 2013: 1 euro = 3,15 Rl circa.

PARAGUAY – ENCARNACION
DA FARE:
Il Paraguay e’ forse uno dei paesi meno turistici di tutto il Sudamerica, ma la campagna e’ verdissima, tutto è molto economico e la gente si dimostra ospitale e curiosa verso lo straniero. Soprattutto dai bancomat si possono ritirare dollari americani, scorta di contante necessaria in Argentina per poter accedere al cambio nero. La città offre una spiaggia fluviale inaspettatamente bella e piacevole viste le temperature che sfiorano i 45 gradi. Nei dintorni si possono visitare le rovine di tre grandi missioni gesuitiche, per noi niente di eccezionale, ma che rappresentano l’attrazione principale del paese.
DORMIRE:
Kerama Hostel – 112.000 Guarani’ camera doppia con bagno in comune e colazione inclusa – posto centrale, vicino alla stazione degli autobus, molto ben tenuto e con personale davvero disponibile. Camere pulite, bagni impeccabili, cucina grande e ben attrezzata.

NOTE:
Cambio dicembre 2013: 1 euro = 6200 Guarani’ circa.

Mission

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Giorno 471.

Incastonato tra Brasile, Argentina e Bolivia, il Paraguay potrebbe essere noto dalle nostre parti solo per essere stata la nazione con cui abbiamo pareggiato all’esordio nel disgraziato Mondiale in Sudafrica. Nel nostro contesto, diventa una tappa per un giro selvaggio di Bancomat, con cui fare incetta di preziosi dollari. In Argentina infatti, il mercato nero dei cambi e’ estremamente favorevole, e non vogliamo farci sorprendere a corto di contanti.

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Così attraversiamo il Rio Parana’ verso la città di Encarnacion, un catino bollente a 45 gradi ed un’atmosfera così languida da sembrare morente. “Siete venuti qui per la spiaggia?” ci chiedono i pochi abitanti che ciondolano per strada indifferenti alla fornace che ci circonda. “Non proprio” pensiamo, ma già che ci siamo, perché no? La spiaggia e’ una distesa interessante di sabbia rossa lungo il fiume, che in questo punto sarà largo quasi due chilometri. E’ il massimo possibile per un paese senza mare. I paraguaiani ne vanno molto orgogliosi e si dimostrano molto curiosi riguardo ai bagnanti stranieri, ne vedono pochi, nessuno se li fila. Sono gentilissimi e molto accoglienti. Non esitano ad offrire generose boccate di “terere'”, un erba simile al mate argentino, solo che qui si consuma in acqua ghiacciata, che tutti si portano appresso in termos da due litri, con bicchierino e “bombilla”, la cannuccia con filtro incorporato. Sa di affumicato, ma sembra rinvigorente è forse aiuta davvero a sfangare la giornata come un blandissimo eccitante.

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Tra bambini che sguazzano e bellezze in perizoma, veniamo inondati da un tramonto infuocato, bellissimo come qualcosa di inaspettato.

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Fuori città, si trova quel che resta delle “reducciones” gesuitiche. Verso la fine del diciassettesimo secolo i gesuiti instaurarono in questa zona delle comunità semiautonome, dove proteggere gli indios dallo strapotere dei conquistadores portoghesi e spagnoli, in cambio della conversione al cristianesimo. Per gli indigeni non doveva essere un brutto affare, se e’ vero che in molti scamparono il lavoro forzato e la morte probabile grazie al voto di appartenenza alla chiesa romana. Ma questo stato di cose duro’ poco, e a fine settecento la corona spagnola, messa sotto pressione dai potenti sfruttatori di manodopera coatta e dalla sede centrale della chiesa cattolica, che in questi casi quasi mai e’ dalla parte dei deboli, revoco’ l’autonomia ed impose la chiusura delle reducciones. “Mission”, con Robert De Niro e Jeremy Irons, e’ un bel film che parla proprio di questo.

Oggi quel che resta delle missioni sono alcuni ruderi sparsi qua e la’ tra Paraguay, Bolivia ed Argentina. Per chi e’ nato in Italia ed è cresciuto respirando storia, potrebbero sembrare poca cosa, ma da queste parti sono piuttosto orgogliosi di questa eredità, e per il valore storico meritano una visita. Rappresentano un po’ una metafora del crollo di un’idea, e della negazione di un ideale di fronte alla ragion di stato. E poi una volta tanto, visitare un posto senza l’ombra di un turista, rende l’esperienza gratificante, quasi una scoperta. Il caldo continua a martellarci, ma la bella campagna circostante e la solita gentilezza dei locali, che ci salvano dalla canicola con le loro incessanti offerte di terere’, fanno si che questo paese non resti per noi solo un punto di passaggio, ma un bellissimo ed intenso ricordo, da approfondire. Ecco, magari con un clima un attimino più fresco….

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Acqua che cade

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Giorno 467.

C’è un non so che di affascinante nel misterioso legame che unisce l’incanto di ogni uomo davanti alla bellezza della natura. Che sia un angolo di deserto infuocato, la luna piena che si riflette sulla superficie increspata dell’acqua, un circolo di vette imbiancato di neve, ci sentiamo tutti indistintamente piccoli e felici, mentre ipnotizzati rimaniamo fissi a guardare la forza creatrice e distruttrice del mondo che ci circonda.

Li sbircio di sottecchi, uomini abbronzati in canottiera, donne in infradito che succhiano mate, bambini per mano, gringos vestiti da safari, coreani col parasole, tutti, ma proprio tutti, con la stessa rapita espressione di infantile stupore negli occhi. Un coro di “Ohhhh” che riecheggia tra i vapori, insaziabile di vedere altra acqua che cade. Perché alla fine e’ solo questo…maestosa, imponente, spaventosa acqua, che cade.

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Milioni di litri in caduta libera. Acqua che piomba su altra acqua, mentre un muro di vapore sale agli occhi e il rumore del tuono attutisce tutto, come una coperta. Viste dall’alto devono sembrare una spumeggiante ed enorme crepa bianca che spacca il fiume in diagonale, con un fronte di caduta lungo quasi tre chilometri. Sono le cataratte di Iguazu’, una scultura basaltica alta ottanta metri da cui si genera una sorprendente sequenza di 275 cascate, la fontana più alta del pianeta.

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Per due giorni gironzoliamo completamente marci nella pioggerella fine che bagna al contrario, dal basso verso l’alto. Sotto un cielo a pecorelle ci gustiamo lo spettacolo delle cascate come esibito da entrambi i lati del fiume. Quello brasiliano offre un panorama completo delle cascate che si susseguono a perdita d’occhio tra isole di roccia e foresta verdeggiante. Cerchiamo invano di farci fare una foto ricordo di questa giornata di sole umido e cocente, ma tutti quelli che coinvolgiamo nell’impresa non possono fare a meno ti tagliarci qualche parte del corpo. Oppure tagliare fuori direttamente le cascate.

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Guardo con invidia i turistoni scorrazzati sul fondo dell’abisso da motoscafi super potenti, che si docciano nel vapore delle cascate come sulla giostra dei tronchi. Tutti con indosso un poncho trasparente e le braccia alzate in coro. Siamo poveri in Brasile e non ce lo possiamo permettere. Fede, che tiene i conti, mi rimbrotta severo come una madre alla cassa del supermercato con il figlio capriccioso che pretende caramelle. “Se proprio ci tieni, vacci a nuoto.” Per ora mi riservo di pensarci.

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Poi dal lato argentino vengo accontentata. Una passerella chilometrica che segue il precipizio mi prende per mano e mi accompagna nel cuore della scena. La Garganta del Diablo e’ un vortice spaventoso che suscita una sensazione contrastante di attrazione e paura. Ascolto il battito tonante dell’acqua vicina che si schianta su se stessa. Intorno il fiume fangoso che scorre impetuoso ed inarrestabile. Immagino di cadere mentre vedo una farfalla lottare invano contro la forza dell’acqua e sparire tra i vapori. Mi piacerebbe stringere questo momento e farlo entrare tutto in una foto.

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Quasi non ci accorgiamo del casino di dimensioni cosmiche di gente che sciama a destra e a manca nel gigantesco Gardaland costruito intorno alle cascate. Souvenir, percorsi guidati nella giunga, biciclettate, aree picnic, procioni golosi a caccia di briciole, c’è persino il trenino elettrico che spinge centoventi turisti alla volta verso la vorticosa gola del diavolo e poi farfalle, farfalle dappertutto. Alle sei esce Prezzemolo, si tuffa a volo d’angelo e saluta i visitatori, ma per quell’ora c’è ne siamo già andati.

Sulla via del ritorno conosciamo Stefano, sorridente italiano in viaggio verso un'”estancia” nel sud dell’Argentina. Davanti a una birra e un piatto di olive e formaggio, ci racconta che fa l’agricoltore in Toscana, specializzato nella produzione di zucche giganti. Detiene il record italiano per l’ortaggio più grande, una bestia arancione di 670 chili (www.lezucchedelgallonero.it).

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Chiudiamo il cerchio delle Triplice Frontiera con un salto in Paraguay. Non avendo un terzo lato del fiume per richiamare turisti avidi di cascate, i poveri paraguaiani si sono arrangiati come potevano, costruendo sul confine una città di traffici, più o meno leciti, ufficialmente battezzata come zona franca: Ciudad del Este. Quattro vie di grattacieli e bancarelle che si incrociano come un enorme centro commerciale a cielo aperto, però tutto un po’ vecchio e sgangherato. Per un momento ci sembra quasi di tornare indietro, in Asia, ma con un’aria di frontiera e contrabbando che ci fa tenere gli occhi aperti. Alcuni trafficoni in pianta stabile agli angoli delle strade si avvicinano al nostro passaggio proponendoci telefonini, macchine fotografiche, droghe assortite. Qualunque cosa “amigo”, basta chiedere. Noi cerchiamo tenda e saccapelo per il nostro futuro da escursionisti patagonici, ma evidentemente non è il genere di merce in voga in città.

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